Il preparatore atletico nel recupero del giocatore infortunato
Obiettivo
Il ruolo del preparatore atletico comprende frequentemente il doversi occupare del recupero dei giocatori infortunati. Qual è il suo compito nel caso di infortuni? |
Il ruolo del preparatore atletico comprende frequentemente il doversi occupare del recupero dei giocatori infortunati. È un compito che oltre ad essere complesso dal punto di vista metodologico, richiede un surplus di attenzione ed investimento relazionale estremamente importante per raggiungere il completo recupero dell’atleta.
Nel calcio gli infortuni sono molto frequenti. Le fasi acuta e post-acuta sono in genere seguite dalle figure sanitarie (ortopedico, fisiatra, fisioterapista), mentre quelle del recupero e della riatletizzazione vengono delegate al preparatore, quasi sempre laureato in scienze motorie. Per riatletizzazione si intende la fase finale del processo rieducativo attraverso cui un l’atleta giunge, attraverso un allenamento specifico, al completo recupero sia delle sue capacità atletiche che delle abilità sportive tipiche della sua disciplina.
Nelle società più strutturate, e in particolare quelle professionistiche, vi è una figura dedicata a questo compito. Nelle società minori invece tale mansione spetta quasi sempre al preparatore atletico della squadra.
COSA FARE NEL RECUPERO INFORTUNI: PSICOLOGO O PREPARATORE?
Chiamato ad occuparsi degli atleti che devono recuperare dopo un infortunio, il preparatore si trova a gestire una situazione diversa da quella abituale finalizzata a portare la squadra alla competizione agonistica nella migliore condizione atletica.
Quando invece deve occuparsi del recupero di un infortunato il preparatore, oltre che a cambiare programmi e metodiche, deve misurarsi con un ulteriore compito: quello di offrire un adeguato supporto psicologico al giocatore che, faticosamente e spesso in modo preoccupato, deve cimentarsi con tutta una serie di esercizi funzionali per ritrovare quanto prima la piena idoneità alla competizione.
Il sostegno e l’accompagnamento psicologico da parte del preparatore si rendono tanto più indispensabili quanto più grave è l’infortunio patito dal giocatore. Un infortunio di media o elevata gravità infatti, provoca sempre nell’atleta oltre alla menomazione fisica, un trauma psicologico interno. Questo può essere più impattante nel caso di un infortunio grave (frattura, rottura legamenti, pubalgia ecc.) e via via meno accentuato nel caso di un infortunio di minore entità (contrattura, stiramento, distorsione lieve, ecc.).
Nel soggetto, l’infortunio può provocare effetti psicologici quali:
- una reazione depressiva dopo l’evento
- la paura di non tornare come prima
- il timore di rifarsi male
- la sensazione di fragilità fisica
- la percezione di distanza, o talvolta di abbandono, dal resto del gruppo squadra.
Questi riflessi psicologici rimangono spesso silenti durante la convalescenza, per emergere invece nel momento in cui l’atleta si appresta ad affrontare la fase di riatletizzazione.
QUALI ATTEGGIAMENTI ASSUMERE PER AIUTARE IL RECUPERO DEL GIOCATORE?
Oltre che al corpo dunque il preparatore deve necessariamente porre attenzione ai vissuti psicologici del soggetto infortunato. Quali possono essere allora gli atteggiamenti più efficaci che egli può assumere per aiutare il giocatore ad affrontare la rieducazione e i meccanismi psicologici che possono ostacolarla? Formuliamo di seguito alcuni suggerimenti:
- È importante che il preparatore stabilisca innanzitutto un contatto empatico con l’atleta attraverso un iniziale colloquio di conoscenza e di approfondimento sull’impatto emotivo che l’infortunio ha prodotto. Per ottenere ciò va adottato un “ascolto attivo”, un ascolto cioè che stimoli l’atleta a raccontarsi liberamente, evitando a tal fine di esprimergli nell’immediato valutazioni o giudizi di sorta rispetto a quanto manifesta. L’obiettivo infatti è quello di far percepire all’atleta il vivo interessamento non solo dal punto di vista riabilitativo ma anche dal punto di vista umano.
- Il preparatore è opportuno che cerchi poi di stimolare la collaborazione dell’atleta attraverso una descrizione dettagliata del programma di lavoro da affrontare assieme, degli obiettivi intermedi da perseguire e dei parametri che verranno considerati per valutare i progressi. Ciò determinerà una maggiore presa di consapevolezza nel giocatore, facendolo sentire a pieno titolo protagonista del proprio recupero anziché passivo fruitore.
- Per indurre la partecipazione attiva può essere utile inoltre introdurre un piccolo diario di bordo nel quale, seduta dopo seduta, l’atleta annoti i miglioramenti, le sensazioni o le difficoltà che sperimenta. Ciò migliorerà la sua capacità di auto-osservazione che risulterà inoltre utile nel confronto col preparatore prima di ogni seduta.
- Estrema importanza riveste poi lo stile comunicativo del preparatore durante le sedute di recupero funzionale. Dovrà essere una comunicazione ricca di feedback positivi rispetto l’impegno, la resistenza e lo sforzo profuso dal giocatore, rinforzando ogni sia pur lieve miglioramento e progresso. Ciò contribuirà a mantenere alta la motivazione e a controbilanciare i momenti di scoraggiamento derivati da qualche regresso temporaneo che talvolta si verifica durante la rieducazione.
- Infine deve essere sempre presente la disponibilità da parte del preparatore ad accogliere emozioni e pensieri che l’infortunato manifesti durante l’iter riabilitativo. La possibilità di parlare liberamente di ciò che di positivo o di negativo prova in un dato momento, consente al soggetto di alleggerirsi delle sue intime preoccupazioni e canalizzare tutte le sue energie nel lavoro funzionale.
Queste modalità nel loro insieme possono consentire al preparatore di gestire più efficacemente il programma di riatletizzazione dell’atleta, promuovendo con lui un clima relazionale positivo fondato sulla condivisione degli obiettivi e su un ottimismo realistico verso il pieno recupero delle sue abilità sportive e agonistiche.