Dal Gioco posizionale al Gioco funzionale: la scuola sudamericana
Sommario | Obiettivi Secondari |
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Spunti e riflessioni tattiche sul gioco posizionale e funzionale delle squadre sudamericane |
Analisi giocatore, Principi di tattica collettiva offensivi, Principi di tattica collettiva difensivi, Match Analysis |
Il Mondiale conclusosi a dicembre in Qatar ha lasciato sul campo numerosi spunti tattici. Fra questi, come sottolineato anche dal The Athletic, c’è sicuramente il successo ottenuto dalle compagini che hanno deciso di difendere con blocchi medio-bassi per agire poi in ripartenza, rinunciando al possesso.
Le squadre che invece hanno cercato di fare la partita sono state penalizzate, soprattutto quelle organizzate come un club (Spagna, Germania e anche Belgio) a riprova del fatto che il calcio delle nazionali è diverso da quello dei club. La crisi di spagnoli, tedeschi e belgi sembra un problema di sistema, inteso sia come mancanza nella produzione di un certo tipo di giocatori (finalizzatori e elementi abili nel dribbling) sia come difficoltà del gioco di posizione.
A proposito di quest’ultimo, in contraddizione con quanto appena detto, si propone il trionfo dell’Argentina come successo in grado di attutire il colpo ricevuto da una impostazione maggiormente proattiva a causa proprio della fallimentare campagna delle tre nazionali europee di cui sopra. E infatti si è parlato della vittoria dell’albiceleste come del trionfo del calcio di Guardiola. In realtà le cose non stanno proprio così.
In questo articolo parleremo di:
- Quali sono le differenze tra gioco di posizione e gioco funzionale?
- Il gioco funzionale: la filosofia
- Alcuni esempi di gioco funzionale (o aposizionale)
- Le origini del gioco funzionale (o aposizionale)
- Il gioco funzionale dell'Argentina di Scaloni
QUALI SONO LE DIFFERENZE TRA GIOCO DI POSIZIONE E GIOCO FUNZIONALE?
Il calcio praticato dalla squadra di Lionel Scaloni infatti non è quel gioco di posizione sdoganato ai massimi livelli dal tecnico catalano, quanto piuttosto un modello di gioco tipico della scuola sudamericana. Non gioco di posizione quindi ma gioco funzionale. Quali sono le differenze? Sul gioco di posizione molto è stato detto e scritto.
Nel calcio di Pep, pur nella sua fluidità, esiste una struttura che può variare di partita in partita, ma che richiede ai giocatori di occupare determinate zone prestabilite in funzione del sistema difensivo avversario. Anche se le percentuali di possesso sono molto alte con questo tipo di approccio, l’obiettivo è di creare appunto una struttura fra i giocatori per far progredire la palla da una zona all’altra del campo. L’obiettivo numero uno è lo spazio da occupare. E, in questo senso, ci sono degli spazi più importanti dei quali tenere conto (mezzi spazi, zona di rifinitura…).
A muoversi è la palla più che i giocatori, anche se dall’esterno sembra che siano questi ultimi a farlo maggiormente. È, questo, il modello che si è imposto in Spagna a livello di nazionale e che è stato poi seguito anche dalla Germania durante il suo reboot, fino al raggiungimento del titolo di campione del mondo nel 2014.
Il gioco di Scaloni invece segue un’altra strada. Nel jogo funcional infatti non è la palla a muoversi verso il giocatore, ma essenzialmente il contrario. In questo contesto la squadra assume una struttura più flessibile, spesso asimmetrica, con giocatori più liberi di associarsi per creare superiorità numerica dove si trova la palla, allo scopo di agevolare la risalita del campo.
Ma quindi qual è la differenza tra gioco di posizione e gioco funzionale?
In termini filosofici, la distinzione fra gioco posizionale e gioco funzionale può rappresentarsi con quella fra apollineo e dionisiaco descritta del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche.
IL GIOCO FUNZIONALE: LA FILOSOFIA
Il gioco funzionale si può paragonare alla corrente post-strutturalista (d’altronde siamo nella Nietzsche-Renaissance degli anni Settanta). Uno degli obiettivi del post-strutturalismo (o neo-strutturalismo secondo la fortunata formula di Manfred Frank) infatti è la condanna di ciò che limita, cioè che incanala in parametri ben precisi la produzione (artistica e culturale). Fra le forme tipiche di questa centralizzazione c’è la struttura, intesa dallo strutturalismo come ‹‹l’ordine interno di un sistema e l’insieme delle trasformazioni possibili che lo caratterizzano›› (Claude Lévi-Strauss).
A spiegare ulteriormente il concetto di struttura c’è il famoso esempio degli scacchi: ad uno spettatore esterno i pezzi sulla scacchiera non dicono più di tanto mentre, per chi conosce la struttura del gioco – le regole che ordinano i rapporti che legano fra loro i pezzi e i conseguenti, possibili, movimenti – ecco che i vari pezzi assumono un altro valore.
La stessa idea del giocatore come funzione, in base ai compiti che gli vengono assegnati in campo, può in qualche modo rimandare all’anti-atomismo dello strutturalismo, cioè alla concezione per la quale gli elementi che compongono quel sistema di relazioni che è la realtà non debbano essere indagati in modo autonomo, quanto invece come elementi collegati fra loro.
Per gli strutturalisti nessun ente ha valore se non perché inserito in relazioni strutturali. I post-strutturalisti contestano questo concetto, individuando nella struttura il predominio della forma (l’apollineo) sulla vitalità (il dionisiaco).
Traslato sul piano calcistico questo paragone ripropone perfettamente la dicotomia tra il gioco di posizione e quello funzionale, anche se il post-strutturalismo nasce per proseguire e, allo stesso tempo, correggere lo strutturalismo mentre il gioco funzionale ha radici proprie, essendo il frutto dell’approccio sudamericano al calcio e non nascendo quindi come risposta al juego de posición.
Ma il parallelismo resta, con il gioco funzionale che rappresenta una sorta di inclinazione calcistica della prassi decostruttiva, nel senso di combattere la subordinazione dell’uno sull’altro (il sistema e il singolo) che avviene nel gioco di posizione.
La struttura della Spagna di Luis Enrique può essere presa a modello di costruzione troppo rigida che ha contribuito alla precoce eliminazione delle Furie Rosse dal Mondiale del Qatar.
ALCUNI ESEMPI DI GIOCO FUNZIONALE (O APOSIZIONALE): ANALISI TATTICA
Un esempio di gioco funzionale è invece quello che ci viene da Fernando Diniz, allenatore della Fluminense. Durante una recente trasmissione televisiva alla quale ha partecipato, il tecnico brasiliano ha voluto precisare proprio le differenze che esistono fra il suo calcio e quello di Guardiola.
La escadinha (scala) della Fluminense di Diniz. Una giocata tipica del gioco funzionale (Fonte: ge.globo.com)
Gremio escadinha: la scala del Gremio di Renato Gaucho
Infatti, nonostante entrambi puntino sul possesso come arma offensiva, il modo con cui le squadre dell’allenatore del City tengono palla.
‹‹È diverso dal mio. Nelle squadre di Guardiola ti bastano due minuti per capire che i giocatori obbediscono alla posizione. Quello a destra, sta a destra. Quello a sinistra, a sinistra. Sicuramente, Guardiola ha cambiato il modo in cui i terzini reagiscono, come con Cancelo. La mia scelta è più aposizionale. I calciatori si muovono. È un gioco più libero, di settori, I giocatori possono cambiare in ogni settore, cambiano posizione. Ritengo che questa scelta sia più adatta per la cultura del nostro calcio.››. - Fernando Diniz (Allenatore della Fluminense)
Si cercano connessioni intorno al portatore di palla, non si presta attenzione all’occupazione dello spazio o alla ricerca della massima ampiezza o della simmetria
LE ORIGINI DEL GIOCO FUNZIONALE (O APOSIZIONALE)
Il gioco funzionale (o aposizionale, come lo chiama Diniz) ha radici antiche in Sud America. Uno dei primi esempi è la sanfona di cui parlava Zezé Moreira, che portò il Brasile a vincere la sua prima coppa del mondo nel 1958 e poi la Fluminense al titolo carioca dell’anno dopo. La stessa federazione brasiliana (CBF) chiamò questo approccio gioco di mobilità in uno studio del 2021 sul tema.
Una immagine del Real Madrid di Carlo Ancelotti prodotta da Clarissa Barcala. Si notano assenza di simmetria, appoggio al portatore di palla, ricerca di associazioni intorno al portatore.
‹‹Il calcio in Sud America ha molto della icultura del football da strada. È un gioco palla a terra, più diretto, con tocchi veloci e un po’ più di dribbling in attacco. Non è un passing game.›› Leonardo Miranda, giornalista di Ge Globo
Una delle massime espressioni di questo approccio è stata la Seleção che si presentò da grande favorita ai Mondiali di Spagna del 1982. In quella squadra, guidata da Telê Santana, il tema principale era muovere palla e giocatori e non occupare delle zone fisse di campo per svolgere determinate funzioni. Si trattava di passare la palla (toque) e muoversi nello spazio creando linee di passaggio vicine al portatore.
Toco y me voy: passo palla e attacco
Se prendiamo come esempio la sfida con l’Italia, questa diventa paradigmatica del modo di giocare di quella nazionale verdeoro. A sinistra giostrava Éder mentre nella zona destra dell’attacco non partiva nessuno di base, venendo quel lato di campo via via occupato da vari elementi (da Zico a Sócrates).
I brasiliani accumulavano giocatori nella zona centrale del campo: oltre ai già citati Zico e Sócrates c’erano infatti anche Falcão e i due terzini Leandro e Júnior i quali, in possesso, potevano agire da vere e proprie mezzali. L’accumulo di elementi nel mezzo era dettato dalla volontà di dominare i corridoi centrali del campo. La palla gravitava perciò molto in quei canali e, di conseguenza, anche i giocatori. Il cambio di posizione era l’essenza del loro movimento offensivo.
‹‹Telê Santana era un allenatore che preferiva la tecnica, un tipo di gioco più concentrato sul mantenimento del possesso palla, ma un possesso verticale e con molti cambi di posizione. Era un Brasile diverso da quello del 1970 e anche da quelli del 1958 e 1962, dove i cambi di posizione avvenivano con un terzino (Nílton Santos e Zagallo) o con un’ala (Roberto Rivellino). Nel 1982 c’erano molte rotazioni fra Falcão, Júnior, Leandro e Sócrates che ricordano un po’ il futsal. Anche così era una squadra che quasi sempre giocava in velocità›› - Leonardo Miranda
IL GIOCO FUNZIONALE DELL'ARGENTINA DI SCALONI
In questo senso, l’Argentina di Scaloni non ha presentato un modello di gioco europeo quanto invece misto, con aspetti tipicamente sudamericani, vicino a quel gioco di mobilità di cui detto sopra. La Selección ha infatti accumulato centrocampisti di tocco (Lionel Messi, Rodrigo De Paul, Alexis Mac Allister, Enzo Fernández) andando a giocare un calcio funzionale, di accumulo di elementi in zona palla. La sfida con la Croazia, con il 4-1-3-2 come sistema base, ne è stata un ottimo esempio.
Quando Scaloni ha abbandonato questo approccio per uno più diretto (nella sfida d’apertura contro l’Arabia Saudita) il risultato è stato quello di dar vita ad una compagine disconnessa.
Il tecnico argentino ha poi sistemato le cose mostrando una grande flessibilità tattica, anche in corso di partita: dalla difesa a tre vista contro Messico, Polonia e Olanda al 4-4-2 osservato durante la sfida contro l’Australia fino a Di María titolare a sinistra in finale con la Francia.
‹‹Oggi non penso ci sia modo di qualificare qualcuno come latino o guardiolista. Ogni cosa è mixata. Prendi l’Argentina per esempio: nella costruzione offensiva l’Argentina cerca la massima ampiezza possibile con Di María e Molina e, allo stesso tempo, favorisce tocchi verticali con molti giocatori intorno alla palla. C’è un po’ di tutto›› - Leonardo Miranda
Una Selección variabile nell’undici base e nella disposizione in campo, ma sempre fedele ad una certa idea di calcio. L’Argentina ha vinto dominando il possesso ma facendolo non alla pura maniera di Guardiola, bensì utilizzando elementi di una certa impostazione sudamericana.