Rapporto tra carico acuto e carico cronico
Obiettivo
Un dato molto interessante dall'analisi dei carichi di allenamento e da tenere in considerazione è il rapporto tra il carico acuto e quello cronico: vediamo come si calcola! |
Un dato molto interessante dall'analisi dei carichi di allenamento e da tenere in considerazione è il rapporto tra il carico acuto (rappresentato dalla somma dei carichi di lavoro dell’ultima settimana) e il carico cronico (la media del carico di allenamento delle ultime 3-4 settimane di allenamento).
Il carico cronico è analogo ad uno stato di fitness o di adattamento, mentre quello acuto a uno stato di "affaticamento" o aggiustamento.
Rapportando il carico acuto con quello cronico si ottiene un indice che attesta il livello di rischio d’infortunio dell’atleta.
Se il carico acuto è più basso di un precedente periodo di un alto carico cronico, l’atleta sarà ben preparato a sostenere quanto proposto e il rapporto di carico acuto: cronico sarà circa “1” o meno. Viceversa, se il carico acuto è elevato (cioè se i carichi sono stati aumentati rapidamente, cosiddetti "picchi di carico") e il cronico è basso, l’atleta sarà in uno stato di affaticamento e di aumentato rischio di infortuni.
Com’è stato dimostrato da numerosi studi, esiste un effetto positivo di un buon programma di allenamento per la prevenzione degli infortuni stessi. Uno sviluppo ottimale delle qualità fisiche, per esempio, è spesso associato a una riduzione del rischio di infortunio.
Valori nella "Danger Zone" non sono predittori di un infortunio ma individuano un aumentato rischio di infortunio.
Gli allenatori dovranno quindi evitare di fornire picchi di carico ai propri atleti ovvero allenamenti molto provanti rispetto ai precedenti.
Per stimolare gli adattamenti prestativi e gli effetti dovuti alla supercompensazione sarà molto importante una buona progressività e alternanza dei carichi di lavoro.
Foto: Flickerd [CC BY-SA 4.0], via Wikimedia Commons